Spiragli






Il cortile raccoglie voci e profumi di ogni sorta, senza mescolarli, un insieme le cui parti restano riconoscibili. Così sono le case di ringhiera a Milano: se ci stai, se ci stai per scelta, è per questa possibilità di partecipare alla vita di una piccola comunità di persone radunate dal caso, intrecciando fili di storie che hanno origine in Paesi lontani. Nei condomini borghesi del centro città ci si incrocia solo in portineria, alla peggio si condividono pochi secondi in ascensore, calando lo sguardo imbarazzato sui propri piedi. Qui, lungo i ballatoi, è pressoché impossibile non guardarsi in volto, e associare ai volti gli odori dei cibi preparati la sera dopo il lavoro. Se a tutto questo non si è insofferenti, serrandosi in un ostinato silenzio, presto ci si saluta, si scambiano due parole, magari si bada alla piante e ai gatti altrui.
Ma conoscersi è un’altra cosa; è impegnativo, richiede curiosità e disponibilità all’ascolto, bisogna dedicarci del tempo.
Marisa Bello e Yossry Migahed vivono a pochi metri l’una dall’altro. Marisa viene da Napoli, un passato di impegno politico, di teatro e di arte, cui soprattutto continua a dedicarsi oggi. Yossry a Milano fa l’imbianchino, ma nella sua terra di origine, l’Egitto, è decoratore di moschee. Col tempo sono diventati amici. Un’amicizia nutrita delle parole difficili di cui è fatto lo scambio tra persone di madrelingua diversa.
Quando è scoppiata la guerra in Irak, Marisa e Yossry hanno sentito l’urgenza di compiere un gesto che riaffermasse il primato del dialogo nelle risoluzioni dei conflitti così come nel confronto tra  persone, culture, Paesi diversi; un gesto piccolo, privato, ma che li impegnasse profondamente in prima persona, nella convinzione che ogni mutamento nella società si nutre di piccoli gesti individuali. Così, mentre Milano si colorava di bandiere della pace, Marisa e Yossry hanno deciso di confrontarsi su un terreno neutrale, nel quale entrambi si sentissero parimenti liberi di esprimersi, composto di colori e di materia. Una sola parola come idea guida: spiragli, e una precisa modalità di lavoro: Marisa avrebbe fatto uno schizzo che Yossry avrebbe interpretato lasciando spazio a un ulteriore intervento di Marisa. Su piccole tavolette di cartongesso, per lo più, si è così articolato un vero e proprio dialogo, in cui hanno trovato spazio, integrandosi, le due diverse sensibilità. Una sfida per entrambi, chiamati a rispondere alle sollecitazioni visive dell’altro, così come a interrogarsi sui propri codici espressivi.
Per Yossry, che a Milano non fa altro che imbiancare pareti, sempre solo di bianco perché così vuole il gusto di oggi nelle nostre case povere di luce, questa è stata l’occasione di lavorare con il colore e di rimettere in gioco quella sapienza di decoratore che qui non ha spazio, fatta di stucchi, di superfici che emulano il marmo, di complicate geometrie che si intrecciano, di tessere di mosaico. Intorno all'idea dello spiraglio, che la traccia di Marisa ripropone sempre, e che nell’opera finita diventa varco, spaccato di luce o finestra, si coniugano le due culture, una figurativa l’altra no. E nel processo di reciproca conoscenza strutturato dal fare creativo, si scopre che altre ancora sono le differenze, anche queste conciliabili nel dialogo artistico: per esempio il senso della prospettiva, così interiorizzato in Occidente che bastano poche linee per evocarlo, appartiene a Marisa ma non a Yossry, tanto che quella che lei aveva immaginato essere una fuga prospettica di una strada, viene da lui interpretato come un bicchiere.
Il lavoro procede rapidamente, nell’arco di un paio di mesi le tavolette, realizzate nelle ore notturne lasciate libere dagli impegni professionali, si moltiplicano. Tra le ultime, un esagono: ai bordi la parola pace scritta in arabo, racchiude un occhio che guarda verso di noi. E sullo sfondo, i colori della bandiera della pace, un arcobaleno a ventaglio, in cui Yossry per la prima volta usa le tinte non per il valore estetico, ma come chiaro simbolo: un altro passo, un ulteriore avvicinamento. Le parole degli altri possono talvolta diventare comuni.
Chiara Somaini  











Yossry Mighaed nato in Egitto. Mentre studiava per conseguire la laurea in Economia e Commercio all'Università del Cairo, lavorava come imbianchino e decoratore. La grande tradizione decorativa dell'arte mussulmana lo ha confermato in una passione per il lavoro artigianale che lo ha portato a decorare moschee in Egitto e in altri paesi arabi. Dopo aver lavorato in Belgio, Olanda e Francia, dal 1989 è in Italia dove continua la sua attività di raffinato artigiano.

Inaugurazione mostra 









Nessun commento:

Posta un commento