Felinità

Nella ostinata, solitaria ricerca Marisa Bello sembra procedere per vie tortuose. L'intrico
psicologico, a confronto con una naturalità mitica e irraggiungibile, la induce a un accumulo di
motivi, a una continua associazione di particolari, a esplicazioni allusive: finestre che si aprono
dietro la più ampia finestra del quadro, variazioni sul tema, aggiunta di decorazioni. Le tecniche
tendono a moltiplicarsi.
Ogni volta, il cammino si schiarisce e illumina quando la natura esterna vivente o minerale, non più sogno mediterraneo né mito libertario – arriva a identificarsi con la soggettività profonda dell’artista: rocce e conchiglie radici del corpo.
Ma ora l’indagine si approfondisce. Non scopre oggetti imprevedibili da aggiungere all’infinito all’immagine, ma si orienta contro la corrente di consumismo mentale che produce l’eccesso e l’iperbole. Lo strumento tecnico è il più elementare, il pennino; e la lunga minuziosa pazienza che dall’inchiostro trae l’immagine di animali vivi. Gatti leoni leonesse tigri leopardi pantere. Animali o persone, espressioni umane dentro la faccia animale. La felinità, suggerisce l’autrice. Ma non solo. Gli occhi fissi al vuoto del signore con la barba che è il leone, la gatta signorina furbetta e scontrosa, il ghepardo con la sua ferocia (o nello sbadiglio?). La tigre ostinata vecchia signora, e l’altra col piccolo, l’estasi dei leoni accoppiati. Rappresentazioni minimali, immagini riproducibili – data la forza lineare del disegno a inchiostro. Via tutti gli orpelli, la pluralità dei significati è interiorizzata, la complessità si risolve nella parvenza semplice.

                                                                                                                     Edoarda Masi














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