venerdì 11 dicembre 2015

Materia in mutamento - 9

olio su tela cm. 60x60

“Perché Foucault, in tutta la sua opera, sente il bisogno di descrivere quadri? Che cos’è un quadro per lui? Prima di essere un insieme di linee e di colori, è un regime di luce. Che cosa significa un quadro? Un raggruppamento di luce.” Gilles Deleuze, Il sapere. Corso su Michel Foucault.

Molto più semplicemente, la luce alle volte, entra furtiva e illumina una soluzione.






Prossimo appuntamento il 10 gennaio 2016: Materia in mutamento - 10

lunedì 30 novembre 2015

Materia in mutamento - 8

olio su tela - cm. 35x50

Per riannodare i fili di un discorso sfilacciato possiamo cominciare a precisare alcune parole chiave che ci aiutino a rendere più comprensibili le problematiche fin qui poste. La prima è la parola distanza.

DISTANZA: come già detto in altro intervento (qui) nella pratica del dipingere si può intravedere l’aspirazione ad essere capacità di distanziazione dalle cose, dalla realtà, dal mondo e quindi di creazione di libertà e di possibilità. Come scrive Aby Warburg “Introdurre consapevolmente una distanza tra l’Io e il mondo esterno è ciò che possiamo senza dubbio designare come l’atto fondatore della civiltà umana; se lo spazio così aperto diviene substrato di una creazione artistica, allora la consapevolezza della distanza può dar luogo a una duratura funzione sociale, la cui adeguatezza o il cui fallimento come mezzo di orientamento intellettuale equivalgono appunto al destino della cultura umana.” Se questo è vero allora il dipingere può essere considerato come atto rituale che perpetua quel primigenio atto fondatore della civiltà. Un rito che si prefigura come progetto consapevole del nostro precluderci all’intimità col mondo, con la cosiddetta natura. Al contrario di quanto spesso si pensa, non empatia, fusione, ma all’opposto, arte come opera di disincanto, di straniamento, nel senso di renderci le cose estranee, meno familiari. Riprendere ciò che si vede non per avvicinarlo ma per frapporre tra noi e questo quel qualcosa che ce lo distanzia, allontana, rende irraggiungibile. Ed è qui che possiamo inanellare un’altra parola chiave al nostro discorso, il termine VALORE, inteso come valore dell’arte. Quella cosa a cui così spesso ci si richiama e che muove masse di persone a fare la fila per ammirare un’unica opera che si vuole ricoperta di aura sacrale. Nel congiungere questo valore con un che di sacro sorge l’equivoco, l’inganno di poter accedere a qualcosa di oltreumano, a un luogo che si pone al di là della storia, a cui noi possiamo sperare di accedere appunto attraverso l’arte.   Ma il valore artistico sta invece proprio nel rendere operabili spazi di realtà che divengono edificabili con le nostre immagini. È un operare, quello artistico, che tende a delocalizzare il sacro da ciò che si vede, da ciò che sta di fronte a noi, oltre i confini dell’operabile per rimanere a noi invisibile e indicibile.  Ed è per questo che l’arte non può morire; possono essere distrutti i singoli manufatti ma è la sua storica necessità che la fa sopravvivere, coniugandosi con le varie forme che il procedere umano le conferisce.


venerdì 20 novembre 2015

Materia in mutamento - 7

olio su tela cm. 30x60

Tutto è già stato detto, tutto è già stato fatto. Allora creare significa necessariamente rubare e quindi dove si può trovare il significato di ciò che si produce? Forse in un’inaccessibile origine o in una verità che si suppone annidata internamente, in un’essenza? Nel Rumore sottile della prosa Giorgio Manganelli annota che: “Probabilmente scrivere è il modo di frodare che tiene chi è nato ladruncolo o truffatore, ma non ha abbastanza coraggio per delinquere su vasta scala”. Anche chi produce immagini è un ladruncolo. Anche chi copia nel modo più meticoloso la realtà, la defrauda, mettendone in crisi lo statuto di verità. Non si copia mai l’esterno ma solo quello che si proietta dentro di noi, l’ombra della realtà. Ma questa immagine interiore non è quello che sta sotto le cose, bensì è quello che si trova in superficie. La tesi di Manganelli, alla quale mi sento di aderire, è che la vita è tutta in superficie, solo che questa è infinita e inesauribile. Creare vuol dire percorrere questa superfice, vuol dire creare vita. Nulla di più nulla di meno.



martedì 10 novembre 2015

Materia in mutamento - 6

olio su tela cm. 40x60
Materia in mutamento. Riprendiamo il filo di questi discorsi in libertà all’ombra di una mostra pittorica seguita nel suo farsi. Non critica delle opere, altra persona più competente la farà, ma tentativo di  problematizzazione di un fare artistico, il dipingere, che nonostante sembri messo in crisi dall’avverarsi di nuove tecnologie di riproduzione sempre più sofisticate, non sembra decidersi a voler scomparire. Sono gli ultimi bagliori di una manualità ormai di fatto superata o nella pervicace resistenza di questa tecnica (perché sempre di tecnica si tratta) si può forse scorgere il legame profondo tra corpo e mondo nella storia dell’umano agire? Immaginario dell’artista (ma anche di qualunque artefice di immagini) e autonomia dell’immagine prodotta. Significato recondito di un’immagine o pluralità di significati possibili. Necessità delle immagini in un mondo che ne è vieppiù saturo. Temi su cui forse è necessario riflettere, soprattutto in un mondo in cui di parole come arte, cultura, creatività, si è più che abusato. Seguendo il percorso per immagini di Marisa Bello, nella concretezza di un fare, queste domande possono forse trovare il coraggio di non vergognarsi e di reclamare il diritto, financo la necessità dell’interrogarsi sul perché facciamo le cose che facciamo. Perché queste e non altre; se non più facili se mai più originali, più nuove, al passo coi tempi. Forse perché, come scriveva Henry Corbin, “camminare al passo con i tempi” è “un’espressione non soltanto  triviale ma traviante, perché invita non già ad aderire al tempo cui davvero si appartiene, ma a perdersi nel tempo di tutti.”?




venerdì 30 ottobre 2015

Materia in mutamento - 5

olio su tela cm. 50x60

Pensare per immagini. Idea strana e sconcertante, eppure viziati dalle parole e dall’idea che abbiamo delle parole, non riusciamo a vedere quanto  siamo immersi in un mondo in cui le immagini, e cioè le idee che ci facciamo delle cose che vediamo, siano determinanti e decisive per il nostro vivere quotidiano. Il dipingere, nel suo bilicare tra pretesa di proiettarsi verso l’ineffabile, il sacro, e una più prosaica ricerca estetica, di buon gusto, diciamo, perde di vista la sua più vera aspirazione, quella di essere capacità di distanziazione dalle cose, dalla realtà, dal mondo e quindi di creazione di libertà, di possibile. Pensare per immagini è pensare il caos, l’indistinto e dargli una forma; mai certa, non definita una volta per tutte ma potenzialmente pensabile e quindi usabile. Se è vero, come dice Rudolf Arnheim, che l’atto osservativo è già di per sé organizzare nella mente la cosa percepita, allora pensare per immagini e tradurre in opera visiva è infine rito propiziatorio indispensabile per fronteggiare il rischio dell’abulia algoritmica di un mondo sempre più riducibile a una complicatissima macchina celibe.







martedì 20 ottobre 2015

Materia in mutamento - 4


Una casa in un paesaggio biancastro (di neve?) attraversata da dense righe bluastre che si increspano, si gonfiano per contenere strane sagome di animali, forse fossili. Sempre più la rarefazione della figura sembra far arretrare il tempo verso… non tanto un’origine “come erano le cose”, quanto piuttosto “come si vedevano le cose”. Uno sguardo che cerca, grazie alla lucida trance del dipingere, di far emergere quella logica emozionale sempre più precaria in un mondo dominato dalla logica dell’algoritmo, come il nostro. 

                                                                  olio su tela cm. 50x50

Prossimo post venerdì 30 ottobre 2015

sabato 10 ottobre 2015

Materia in mutamento - 3



Abbiamo ancora bisogno di immagini? In un mondo che ne è saturo ha senso ancora produrne di nuove? Perché porsi di fronte a un cavalletto con una tela bianca e tentare di riprodurre qualcosa che sta di fronte a noi come nell’atto di sfidarci? Una sfida a riprodurlo tale e quale, in una sorta di rito di appropriazione, o di interpretarlo, di significarlo per meglio consumarlo. Tutto questo sembra oggi, in una civiltà altamente tecnologizzata, venir meno come bisogno. Tutto si può riprodurre con estrema facilità, potendo poi decostruire per ricomporre secondo  nostri nuovi desiderata. Eppure si continua a dipingere! Con motivazioni semplici coniugate alle modeste pretese del cosiddetto tempo libero(residuo ideologico di un’era in gran parte tramontata) o con le periture rivendicazioni di un’arte che si vorrebbe ancora eterna e astorica. No. Non è qui che vanno cercate le ragioni profonde di questa sfida che non vuole cessare, nonostante tutto, di essere giocata. Se il lavoro mentale del processo artistico non può giovarsi esclusivamente dell’apparato tecnologico è perché l’esperienza che esso produce non è mai puramente mentale ma è legata indissolubilmente a un’esperienza corporea. Il gesto che disegna, che incide, scolpisce, è fatto da una mano che fa parte di un corpo che produce una sensazione che si costituisce come una memoria, come un vissuto del corpo stesso. Se il termine linguaggio visivo è inappropriato (se non come metafora) è anche, se non in gran parte, per questo suo essere esperienza corporea. Grumi di colore, possono sembrare case, in grosse pennellate di verde erboso. È simbolo di qualcosa? È tentativo di riprodurre una visione? Tutto quel che si vuole, ma una cosa è certa: è innanzitutto un fare del nostro corpo, un’esperienza che si ricollega ad analoghe esperienze di 30 mila anni fa, quando l’uomo esperiva per la prima volta l’esigenza di rivivere con delle immagini quello che il corpo percepiva, sentiva in un mondo in cui gli eventi accadevano sempre più al di fuori dell’alveo protetto della natura, unitamente all’esigenza di articolare i primi suoni in forma di parole.

olio su tela cm. 40 x 60

Prossimo appuntamento martedì 20 ottobre 

mercoledì 30 settembre 2015

Materia in mutamento - 2



Che cosa significa? Cosa vuol dire? Non sono un esperto, mi puoi spiegare questo quadro? Qualcosa si è distrutto, si è lacerato nel rapporto tra chi guarda un’opera visiva e l’opera stessa. Il fruitore ha bisogno di essere accompagnato per mano, di essere edotto sul significato dell’immagine. L’immagine non parla più con chi la vede ma deve passare per il medium di un esperto, di un mediatore culturale, che la spiega, la rende decifrabile e soprattutto ne garantisce l’aura di artisticità. Paradosso di una civiltà delle immagini che nega la propria evidenza, il significato trasparente che sta alla portata di tutti. Sempre più acquisire la sacra ignoranza di una visione non mediata, che sappia generare quelle emozioni che interrogando il nostro vissuto esperienziale ci rendono capaci di empatia, è diventata un’impresa difficile e forse anche mal vista. Trovare il significato è l’ossessione della nostra contemporaneità e le immagini non sfuggono a questo diktat. Seguiamo la materia che muta di Marisa, ancora in questa seconda opera, con una possibile allusione a un significato recondito; delle scale porteranno pure da qualche parte… ma è solo una scenografia, un’illusione per imparare a perderci nell’assenza di significato e per ritrovarsi poi di nuovo di fronte a una pluralità di significati possibili. La ricchezza della vita.

olio su tela - cm. 70x40

domenica 20 settembre 2015

Materia in mutamento - 1


Perché Materia in mutamento? Cosa c’entra l’immagine con la materia? Certo, un quadro è composto da materia, i pigmenti sono materici e possono essere stesi con più o meno abbondanza. Ma l’immagine finita, per quanto materica, tende ad essere percepita nella sua bidimensionalità, nel suo aderire e mimetizzarsi in una superficie. Tanto più che una volta composta l’immagine, il possibile mutamento, il suo farsi, cessa. Eppure quello che si vuole evidenziare qui, in questo titolo, è forse proprio l’opposto; è che la materia, una volta definita, agglutinata in un’immagine, proprio allora inizia a trasformarsi, a mutare. A intraprendere un cammino evolutivo che tende a configurarsi come un linguaggio, alternativo e affatto diverso da quello verbale, ma non per questo meno ricco di potenzialità performative.

olio su tela - cm. 50x60


Prossimo appuntamento: mercoledì 30 settembre

giovedì 20 agosto 2015

Marisa Bello: prossima mostra aprile 2016


Dal 20 settembre ogni 10 giorni un nuovo post seguirà il work in progress della prossima mostra di Marisa Bello che si terrà alla Galleria degli Artisti di Milano (via Nirone, 1) nell'aprile del 2016.